LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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LA QUATTORDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

un film di Pupi Avati
con Lodo Guenzi, Camilla Cerauli, Gabriele Lavia, Edwige Fenech, Massimo Lopez
Cesare Bocci, Nick Russo, Fabrizio Buompastore
sceneggiatura: Pupi Avati ● fotografia: Cesare Bastelli
montaggio: Ivan Zuccon ● musiche: Sergio Cammariere, Lucio Gregoretti
produzione: Duea Film
distribuzione: Vision Distribution
Italia, 2023 ● 98 minuti

v.o. in italiano

Pupi Avati al suo quaratareesimo film torna a mettere in scena la nostalgia per raccontare la storia di un amore assoluto e parlarci di sogni che svaniscono. Tra gioie e dolori, rammarico e felicità, porta sullo schermo il suo film più sincero e autobiografico.

Bologna, anni 70. Marzio, Samuele e Sandra sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare. La musica, la moda, o forse la carriera. I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda e sognano il successo. Sandra è un fiore di bellezza e aspira a diventare indossatrice. Qualche anno dopo, nella quattordicesima domenica del tempo ordinario, Marzio sposa Sandra mentre Samuele suona l’organo. Quella ‘quattordicesima domenica’ diventa il titolo di una loro canzone, la sola da loro incisa, la sola ad essere diffusa da qualche radio locale. Poi un giorno di quei meravigliosi anni novanta in cui tutto sembra loro possibile arriva all’improvviso la burrasca, un vento contrario e ostile che tutto spazza via. Li ritroviamo 35 anni dopo. Cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti? Ma soprattutto cosa ne è stato dei loro sogni?

«La quattordicesima domenica del tempo ordinario secondo l’anno liturgico è quella che segue la Quaresima e anticipa l’Avvento e per me è il giorno in cui mi sono sposato il 27 giugno 1964. Ho cominciato a pensare a questo titolo già oltre 15 anni fa quando, raggiunta la settantina, ho iniziato una doverosa riflessione sul percorso che avevo alle spalle. Volevo raccontare come in fondo siamo tutti dei falliti. Come alla fine del percorso della propria vita e in generale di tutti quanti noi, si ha come la netta sensazione che i sogni che avevi fatto fin da quando eri ragazzino non si sono realizzati. E il mio racconto inizia proprio in un posto di Bologna: un chiosco di gelati realmente esistito e che da piccolo frequentavo anche io, apparentemente magico in cui davvero si aveva le percezioni che tutto era possibile. Poi ho immaginato il trascorrere del tempo, una coppia separata che si rincontra dopo 35 anni e che fa i conti con l’intero loro percorso. E quel lento riavvicinarsi mettendo sul piatto gioie, dolori, delusioni ma anche la voglia di fare l’ultimo pezzo della vita insieme. Credo che il condividere la cosiddetta terza età, questa stagione così complicata della propria vita con qualcuno che ti conosca e che ti stia accanto possa rappresentare un sollievo non indifferente.» (Pupi Avati)

«Dopo “Lei mi parla ancora” del 2021, Avati (…) torna a confrontarsi col suo cinema lirico, emotivo, a tratti struggente (…) e crea una cronaca minimalista della Bologna degli anni ’60, intessuta di canzoni d’epoca. L’ennesimo omaggio al mondo del passato, che Avati ha voluto spezzare con la lancia del presente. (…) una sintesi del suo cinema, (…) un film lucido che conserva il suo fascino nel fatto che ogni spettatore può tradurlo simultaneamente in volti, lessici e ricordi personali, condividendo infine con il regista un sentimento di serena malinconia.» (Matteo Di Maria, sentieriselvaggi.it)