PO

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PO

un film di Andrea Segre
con Fabri Marnin, Maria Franceschetti, Galliano Dal Passo, Gilberto Frigeri,
Lino Zanforlin, Paola Munario, Marina Giovannini, Gastone Giovannini, Luciano Rovatti,
Gianluca Cerutti, Quinto Focagnoli, Renato Ruzza, Annamaria Guarnieri
soggetto e sceneggiatura: Andrea Segre, Gian Antonio Stella ● fotografia: Matteo Calore
montaggio:  Luca Manes, Chiara Russo ● musiche: Sergio Marchesini
produzione: Luce Cinecittà, ZaLab Film
distribuzione: ZaLab Film
Italia, 2022 ● 75 minuti

v.o. in italiano

Pordenone Docs Fest 2022, selezione ufficiale

il nuovo film di Andrea Segre insieme a Gian Antonio Stella, PO, nasce dalla voglia di colmare l’oblio di un fatto che ha segnato profondamente l’Italia, nel breve e nel lungo termine.

Segre e Stella partono da due materiali cinematografici di rara bellezza: gli archivi in pellicola perfettamente conservati nell’Archivio Luce e i bambini polesani oggi ottantenni.

14 Novembre 1951, l’argine sinistro del Po a poche centinaia di metri dal ponte della ferrovia Padova-Bologna si spacca. La marea invade in pochi minuti le terre del Polesine, una delle regioni all’epoca più povere, più misere del Nord Italia, di tutta Italia, d’Europa. Decine di migliaia di uomini, donne e bambini sono costretti alla fuga, lasciando tutto ciò che hanno in balìa delle acque fangose del grande fiume, di Po come lo chiamano tutti, senza articolo, senza altra declinazione. Nel 1951 la RAI era solo radio, la TV non esisteva ancora. Per documentare la tragedia partono da Roma, da Bologna, da Venezia gli operatori dell’Istituto Luce, che con le loro cineprese in pellicola raccontano l’Italia nei cinegiornali proiettati ogni sera nelle sale del Paese appena entrato nell’euforia della ricostruzione post-bellica. Le loro immagini sono sconvolgenti, La gara di solidarietà è nazionale, si attiva il Governo e le forze politiche di maggioranza e opposizione, in una terra al confine tra il Veneto bianco e l’Emilia rossa, negli anni in cui la divisione del mondo era appena iniziata e ancora in bilico. Oltre 130.000 polesani sono costretti alla fuga, Mal visti, additati per la loro povertà, per il loro dialetto di campagna, per le loro mani spaccate dalla terra, i loro occhi segnati dalla fame. I profughi del grande fiume.

«Ciò che ci ha colpiti viaggiando negli archivi e nelle case dei nostri protagonisti è quanto il ricordo sia ancora vivo, come quella alluvione rappresenti in realtà una memoria incancellabile, un passaggio di vita e di storia del Paese da cui è difficile prescindere, lo si può nascondere, ma è davvero sbagliato dimenticarlo. Ascoltando i ricordi dei vecchi bambini polesani e guardando le immagini degli archivi abbiamo vissuto un salto temporale che ha reso questi 70 anni così vicini, tangibili, presenti. Memorie che trovano forse la loro forza proprio nell’esser state derubricate, isolate. Certo in Polesine la memoria esiste ed è stata coltivata, grazie anche a grandi giornalisti, poeti, scrittori – Gian Antonio Cibotto primo tra tutti – ma nel resto d’Italia e d’Europa è stata anch’essa sommersa, come quelle terre. Poco frequentata, poco consumata è rimasta viva, diretta, sincera e ci ha avvolti, stupiti in un viaggio che va oltre, anzi si oppone alla retorica della celebrazione e che prova a trarre da questa storia di profughi veneti un insegnamento universale, necessario anche al nostro presente, al nostro futuro.» (Andrea Segre)

«Nel film di Segre, che ha già avuto modo di viaggiare attorno ai ricordi in Molecole, l’acqua ritorna anche se in una forma diversa. Non più quella tormentata della laguna, bensì quella apparentemente distesa del fiume più grande d’Italia, che per un giorno ha deciso di dare uno strappo ai suoi abitanti. Le testimonianze di Po sono la grande forza di questo film. Una ricerca minuziosa, spigolosa, che è frutto di un lavoro che non può di certo sorprendere quando la firma è di un giornalista come Gian Antonio Stella. Nel film si cerca (…) di compiere un ulteriore passaggio verso una maturazione che lo avvicina alla storia, e non più alla cronaca dettata dalle suggestioni e dal dolore. (…) Po non perde mai il filo del discorso. Il reportage alterna immagini di repertorio degli operatori dell’Istituto Luce e quelle che riguardano oggi, con il fiume che sembra essersi dimenticato di quella giornata d’autunno. Ma la memora difficilmente si cancella se si tratta di chi l’ha vissuta. Molto spesso la gente non sente il bisogno di riaprire quella pagina, ma il tempo tende a usurarla, e in alcuni casi a rimuoverla. (…) Po insegna anche questo. Ad avere fiducia, e a non dimenticare mai.» (Riccardo Lo Re, taxidrivers.it)