The happy prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde

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The happy prince
L’ultimo ritratto di Oscar Wilde

un film di Rupert Everett
con Rupert Everett, Colin Firth, Edwin Thomas, Colin Morgan, Emily Watson
Tom Wilkinsos, Miranda Richardson, Beatrice Dalle, John Standing
sceneggiatura: Rupert Everett
fotografia: John Conroy
montaggio: Nicolas Gaster ● musiche: Gabriel Yared
produzione: Palomar, Maze Pictures, Entre Chien et Loup
distribuzione: Vision Distribution
Germania, Belgio, Gran Bretagna, Italia, 2018 ● 105 minuti

v. doppiata in italiano

Restituire la densità complessiva e il peso culturale di un personaggio come Oscar Wilde è impresa proibitiva per chiunque, ma Rupert Everett trova il modo di aprire una crepa attraverso la quale far filtrare, dietro l’idolatria e l’amore dello stesso Everett nei riguardi di Wilde gli aspetti più curiosi, spiazzanti, sgradevoli.

Nella stanza di una modesta pensione di Parigi, Oscar Wilde trascorre gli ultimi giorni della sua vita e come in un vivido sogno i ricordi del suo passato riaffiorano, trasportandolo in altre epoche e in altri luoghi. Non era lui un tempo l’uomo più famoso di Londra? L’artista idolatrato da quella società che l’ha poi crocifisso? Oggi Wilde ripensa con malinconia alle passioni che l’hanno travolto e con tenerezza al suo incessante bisogno di amare incondizionatamente. Rivive la sua fatale relazione con Lord Alfred Douglas e le sue fughe attraverso l’Europa, ma anche il grande rimorso nei confronti della moglie Constance per aver gettato lei e i loro figli nello scandalo dopo l’estrema condanna per la sua omosessualità. Ad accompagnarlo in questo ultimo viaggio solo l’amore e la dedizione di Robbie Ross, che gli resta accanto fino alla fine nel vano tentativo di salvarlo da sè stesso e l’ affetto del suo più caro amico Reggie Turner.

«Ho scelto di dedicare un film ai suoi ultimi anni perché la parte conclusiva della sua vita è stata incredibilmente romantica, e poi mi piace la belle époque, adoro l’ultimo decennio del diciannovesimo secolo e volevo restituire l’immagine di Wilde – che come Paul Verlaine era stato ostracizzato dalla società e trasformato in un relitto – che vagabondava per i boulevard a implorare i passanti di offrirgli qualcosa da bere. La storia di quest’uomo che viene distrutto perché è un omosessuale è qualcosa in cui oggi possono immedesimarsi in molti. Le persone vengono distrutte in Russia, in Giamaica, in India, ma la cosa peggiore è che succede continuamente perfino in Inghilterra, e in Italia. La situazione è sempre più tragica e pericolosa. Sono cose a cui dobbiamo prestare attenzione, dobbiamo continuare a vigilare.» (Rupert Everett)

«Dopo aver fatto visita allo humor wildiano più volte recitando nei garbati Un marito ideale e L’importanza di chiamarsi Ernest, Rupert Everett ha deciso di non attendere più il ruolo che sognava da tempo e se lo è regalato da solo. Il divo inglese si è rimboccato le maniche e ha sancito il suo esordio alla regia con un’opera complessa e delicata, un biopic incentrato sulle ultime disperate settimane di vita di Oscar Wilde. (…) Il Wilde di Rupert Everett non ha perso l’arguzia e il gusto per i salaci giochi di parole, ma rispetto ai precedenti ritratti è una figura profondamente tragica, invisa alla società perbenista, abbandonata da tutti all’infuori dei pochi amici che lo accudiranno fino alla morte. (…) A conti fatti, The Happy Prince è un monumento funebre, un’ingegnosa lapide animata alla figura di Wilde. Grazie al proprio carisma, lo scrittore domina su tutto e tutti mettendo in ombra tutti coloro che gli stanno vicino. Nell’economia del racconto Bosie e Robbie, i suoi amanti storici, sono poco più che pallide comparse, figure deboli, meno interessanti di quanto potrebbero, capaci di esistere solo all’ombra del loro mentore. Patetico e grottesco, l’Oscar Wilde sofferente che intona The Boy I love is Up in the Gallery sotto lo sguardo degli avventori di una bettola di Montmarte è un artista consumato dai propri demoni, ma è anche un uomo provato da un’esistenza oltre i limiti in cerca di una disperata redenzione.» (Valentina D’Amico, movieplayer.it)