THE OLD OAK

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The Old Oak

un film di Ken Loach
con Dave Turner, Ebla Mari, Debbie Honeywood, Chris Gotts
sceneggiatura: Paul Laverty ● fotografia: Robbie Ryan
montaggio: Jonathan Morris  ● musiche: George Fenton
produzione: Sixteen Films
distribuzione: Lucky Red
Francia, 2023 ● 113 minuti

v. doppiata in italiano

2023 Festival di Cannes: in concorso

The Old Oak, l’ultimo film di Ken Loach, è un’opera intrisa di lotta e resistenza, un dramma commovente che parla di perdite, paura e della difficoltà di ritrovare la speranza. Nell’attuale situazione politica il regista inglese si chiede che cosa rimane e suggerisce che il percorso passa attraverso l’agire e il sentire collettivo.

The Old Oak è un posto speciale. Non è solo l’ultimo pub rimasto, è anche l’unico luogo pubblico in cui la gente può incontrarsi in quella che un tempo era una fiorente località mineraria e che oggi attraversa momenti molto duri, dopo 30 anni di ininterrotto declino. Il proprietario del pub, TJ Ballantyne (Dave Turner) riesce a mantenerlo a stento, e la situazione si fa ancora più precaria quando The Old Oak diventa territorio conteso dopo l’arrivo dei rifugiati siriani trasferiti nel villaggio. Stabilendo un’improbabile amicizia, TJ si lega ad una giovane siriana, Yara (Ebla Mari). Riusciranno le due comunità a trovare un modo di comunicare?

«Questo film avrei dovuto farlo prima. A me e ai miei collaboratori interessava capire perché le persone buone possano diventare ostili nei confronti di chi è ancora più vulnerabile di loro. Un pub è un luogo d’incontro, ma è lì che si vedono meglio i conflitti. In Inghilterra i minatori erano i lavoratori che avevano “la coscienza politica più profonda. Ma nel corso del tempo sono stati distrutti dalla premier Margaret Thatcher. Così le comunità di minatori più unite si sono gradualmente disgregate. Avevano questo grande senso di solidarietà e sostegno reciproco, ma gli effetti di questa disgregazione li ha lasciati arrabbiati e vulnerabili rispetto alla propaganda dell’estrema destra. Volevamo raccontare questa storia, insieme all’arrivo dei rifugiati siriani. A quel punto c’erano due comunità: una lasciata senza nulla e l’altra altrettanto abbandonata, ma con il trauma di una guerra alle spalle, in un paese di cui non conoscevano neanche la lingua. La domanda era: riusciranno a trovare un modo per andare avanti? Vincerà l’amarezza, la rabbia, la propaganda dell’estrema destra o l’antica solidarietà dei lavoratori?» (Ken Loach)

«The Old Oak si cala senza timori in mezzo alla gente, quella vera, al disagio, alle contraddizioni. Il film è un punto di arrivo, la stazione finale di un lungo martirio sociale e politico: dopo Daniel di Io, Daniel Blake e Ricky di Sorry We Missed You, ci restano solo TJ Ballantyne, i suoi amici più fidati, Yara, i rifugiati. L’onda anomala delle destre, il neoliberismo sempre più arrembante, hanno smembrato quel che restava della sinistra, oramai distantissima anche dalla classe operaia, dagli ultimi. E allora non resta che resistere, trovare nuove forme di trasversale solidarietà, una nuova unione anche infinitesimale. Uno spazio minimo, ma esistente, resistente. (…) Nello scrivere e mettere in scena The Old Oak, Loach e Laverty sembrano voler sfrondare tutto ciò che non è necessario per arrivare all’essenza del discorso, al puro atto resistente e politico. A quel che resta della politica. » (Enrico Azzano, quinlan.it)