L’UOMO DEL LABIRINTO

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L’UOMO DEL LABIRINTO

un film di Donato Carrisi
con Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Luis Gnecco, Vinicio Marchioni
Stefano Rossi Giordani, Riccardo Cicogna, Caterina Shulha
sceneggiatura: Donato Carrisi ● fotografia: Federico Masiero
montaggio: Massimo Quaglia ● musiche: Vito Lo Re
produzione: Gavila, Colorado Film
distribuzione: Medusa Film
Italia, 2019 ● 130 minuti

v.o. in italiano

Dopo “La ragazza nella nebbia” Donato Carrisi porta al cinema un altro dei suoi romanzi, una storia d’altri tempi ambienata in un luogo che potrebbe essere ovunque. Un film che ci colpisce da ogni angolazione, ci porta a ragionare sull’ambiguità della mente, a sprofondare tra le citazioni e ci fa sentire il bisogno di finire questo gioco, di avere una nuova possibilità.

Sono passati 15 anni da quando uno sconosciuto ha rapito Samantha Andretti mentre tornava a casa da scuola. Allora Samantha aveva solo 13 anni: ora invece è una giovane donna che, sfuggita al suo carceriere, si ritrova nell’ospedale Santa Caterina con una gamba ingessata e una flebo infilata nel braccio. Accanto a lei il dottor Green è lì per aiutarla a ricordare, dato che una droga psicotica iniettatale dal rapitore le circola ancora nel sangue, alterandole la memoria. “Questo è un gioco?”, ripete Samantha. E in effetti quella che ha inizio è una caccia al tesoro, in cui a cercare il colpevole non è solo il dottor Green ma anche Bruno Genko, un investigatore privato in procinto di morire tormentato dal senso di colpa per non aver saputo salvare Samantha all’epoca del suo rapimento. Riusciranno a trovare il cattivo, di cui si sa solo che va in giro travestito da coniglio?

«C’è tutto il cinema che mi piace in questo film. Come quando scrivo penso a libri che vorrei leggere, così con i film penso a qualcosa che vorrei vedere al cinema. Qui volevo rievocare i grandi thriller anni ’90: Il silenzio degli innocenti, Seven, I soliti sospetti, The Game. Poi quei tipo di film hanno smesso di farli, e le mie creature cinematografiche si nutrono di quei riferimenti» (Donato Carrisi)

«Le paure hanno molte sfaccettature. C’è chi le tiene chiuse in un cassetto sperando che emergano il meno possibile e chi invece le esorcizza ricamandoci sopra una storia in cui confluiscono sensazioni, enigmi e citazioni. È questo il caso di Donato Carrisi, che con L’uomo del labirinto porta al cinema (…) un noir che si dipana su più livelli lasciando lo spettatore sbigottito e confuso. (…) l’autore sceglie di fare un gioco con lo spettatore e, man mano che la trama si srotola, semina dettagli che dovrebbero aiutarci a trovare la verità. Ma esiste davvero un’unica verità? Esistono davvero buoni e cattivi? Basandosi su una sceneggiatura sicuramente non lineare, atta a infondere nello spettatore una sensazione di caos perenne, Carrisi si diverte a introdurre nella pellicola riferimenti che vanno dal cinema horror italiano (impossibile non pensare a Suspiria di Dario Argento) ad Alice nel paese delle meraviglie (ma anche Donnie Darko) fino a Saw – L’enigmista. Fa scattare meccanismi automatici nella nostra mente sapendo che non siamo pienamente in grado di controllarli e così edifica una prigione buia, un labirinto fatto di “pareti vive”, corridoi in cui la luce si accende al passaggio della prigioniera e le porte si aprono per consegnare ricompense. Parallelamente costruisce un labirinto in superficie, facendo in modo che entrambi convergano e si moltiplichino dal punto di vista psicologico. Una sceneggiatura ben architettata, fatta di specchi e fili da ricollegare: richiede attenzione e intuito come nella risoluzione di un caso, come dovrebbe fare un buon thriller.» (Teresa Monaco, cinematographe.it)