Van Gogh – Sulla Soglia Dell’eternità

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Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità
At eternity’s gate

un film di Julian Schnabel
con Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac, Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner
sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Julian Schnabel, Louise Kugelberg ● fotografia: Benoit Delhomme
montaggio: Louise Kugelberg, Julian Schnabel ● musiche: Tatiana Lisovskaya
produzione: Iconoclast, Riverstone Pictures, SPK Pictures
distribuzione: Lucky Red
Stati Uniti, 2018 ● 110 minuti

v. doppiata in italiano

Mostra di Venezia, 2018: Coppa Volpi per il miglior attore
Golden Globe, 2018: in concorso per il miglior attore in un film drammatico

22 anni dopo Basquiat, Julian Schnabel, regista di Prima che sia notte e Lo scafandro e la farfalla, torna a parlarci della grande arte e lo fa portando al cinema gli ultimi, tormentati anni di Vincent Van Gogh.

Il genio “maledetto” di Vincent Van Gogh raccontato attraverso gli occhi di un artista contemporaneo, con la collaborazione di Jean-Claude Carriere per la sceneggiatura. Dal burrascoso rapporto con Gauguin a quello viscerale con il fratello, fino al misterioso colpo di pistola che gli ha tolto la vita a soli 37 anni. Tra conflitti esterni e solitudine, un periodo frenetico e molto produttivo che ha portato alla creazione di capolavori che hanno fatto la storia dell’arte e che continuano ad incantare il mondo intero. Un film sulla creatività e sui sacrifici del genio olandese, sull’intensità febbrile della sua arte, sulla sua visione del mondo e della realtà.

«Il ritratto di Van Gogh che emerge dal film deriva direttamente dalle mie reazioni ai suoi quadri, non da quello che è stato scritto su di lui. Quando sei davanti a singole opere, ciascuna ti dice qualcosa di diverso. Ma dopo aver visto 30 quadri, l’esperienza diventa qualcosa di più. Diventa la somma di tutte quelle sensazioni messe insieme. È l’effetto che volevo ottenere con il film, rendere la struttura tale che ogni evento che vediamo accadere a Vincent potesse sommarsi ai precedenti, come se chi guardasse potesse vivere tutta la sua vita in un momento. (…) Tutti abbiamo una malattia terminale che si chiama vita. La pittura è una pratica che in un certo senso affronta la morte, perché è connessa alla vita ma in modo diverso, riuscendo a farti accedere ad un’altra dimensione. L’arte può superare la morte. Nel film il pubblico di Vincent non è ancora nato, ma questo non gli impedisce di fare quello che sente di dover fare. Quando lo osservi in mezzo ad un campo, sorridente, mentre si butta addosso la terra, non è un pover’uomo. È un uomo che sente di essere al posto giusto al momento giusto, in perfetta sintonia con la vita.» (Julian Schnabel)

«Schnabel afferra l’idea che un artista è in parte determinato dai luoghi e dagli usi del suo tempo, mortale, irrimediabilmente mortale. Vincent van Gogh non era un essere sacro, il suo genio non era un mistero divino, la sua arte nasce dal dubbio, il dolore e il sudore, dentro l’impossibile previsione del futuro. Alle torsioni delle sue tele, il regista risponde con gli strumenti del cinema provando a suo modo a governare il caos.» (Marzia Gandolfi, mymovies.it)