Volevo nascondermi

/ / Senza categoria

Volevo nascondermi

un film di Giorgio Diritti
con Elio Germano, Oliver Ewy, Paola Lavini, Gianni Fantoni
sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Fredo Valla
fotografia: Matteo Cocco ● montaggio: Marco Biscarini
musiche: Marco Biscarini
produzione: Palomar
distribuzione: 01 Distribution
Italia, 2020 ● 120 minuti

v.o. in italiano

2020 Berlinale: Orso d’argento miglior attore a Elio Germano
2020, Nastri d’argento: miglior film

La vita del pittore Antonio Ligabue, uno dei maestri e protagonisti fondamentali dell’arte contemporanea internazionale.

“Volevo nascondermi…ero un uomo emarginato, un bambino solo, un matto da manicomio, ma volevo essere amato”.
Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo Scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo. Toni, un uomo rachitico, brutto, sovente deriso diventa il pittore immaginifico che dipinge tigri, gorilla e giaguari stando sulla sponda del Po. Quella di Ligabue è una “favola” in cui emerge la ricchezza della diversità. Ogni persona ha una preziosa specificità, che al di là delle apparenze può rivelarsi un dono per l’intera collettività.

«È un uomo che ha subito molto nel corso della sua vita, che è partita già in salita con l’abbandono da parte della madre e l’adozione in una famiglia che l’ha accolto più per necessità economiche che per affetto. Soffriva di grosse problematiche fisiche che oggi sono identificate da malattie specifiche, che lo rendevano una persona affaticata nei confronti della vita, che si è attaccata alla possibilità dell’espressione artistica con tutta l’energia che aveva e ne ha fatto la sua vita e la sua identità. La sua storia è una favola in cui ognuno di noi può trovare dei punti di riferimento importanti.» (Giorgio Diritti)

«Perché Diritti non traccia un ritratto agiografico del mondo rurale. Non giudica ma neppure assolve i tanti che, per ignoranza o insensibilità, mettevano alla berlina il matto e ne disprezzavano l’opera. Così come sa inquadrare con tenerezza quei pochi, uomini e donne, che seppero chinarsi su di lui e comprenderne il tormento ma anche la grandezza. Sulla sua tomba si legge: «Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore». Solitudine, dolore, libertà e amore. Sono i quattro ‘segni’ che animano un film che forse solo due sensibilità come quelle di Diritti e Germano potevano saper fondere con partecipazione e rigore.» (Giancarlo Zappoli, mymovies.it)