Lo sguardo documentario sulla realtà, tra i più lucidi, impassibili del panorama contemporaneo italiano, affinato da anni e anni di osservazione (e di «referti»), quando si tratti di cose refrattarie, ottuse (...) Tenero invece, sensibile, il loro sguardo, quando si posa sugli esseri, sulle loro tribolazioni, i loro vissuti, i pensieri più intimi, più trepidi, sepolti sotto la coltre dei tratti psicosomatici, delle tare familiari, di quelle sociali, com'era stato per Il cratere nel 2017, tra le cose più belle viste alla Mostra di Venezia quell'anno. (...) Fontana allora, con gesto attoriale straordinario (è forse la più stupefacente interpretazione del cinema italiano di quest'anno) si carica il film addosso; queste concrezioni ctonie, acuminate; i gelidi scorci dell'inverno; lo schietto squallore delle balere; gli scrosci, il vento, sul mare iemale; se li beve, se li mangia attraverso gli occhi, la bocca spalancati, inala tutta i germi, i miasmi figurali, apparenti, tutta questa esausta sintomatologia dell'assenza
Luigi Abiusi, Il Manifesto – «Luce», le ferite dell’essere figlia nella quotidianità del lavoro – articolo completo