È il ritratto di un carattere femminile, lodevolmente incarnato da Marianna Fontana, nel pieno della disobbedienza alla ricerca dell’estraniazione tramite la guida di una voce (quella di Tommaso Ragno) seppure ambigua, fondamentale nel metabolizzare il passato e instradare il futuro.
Miriam Raccosta, Cinematografo – recensione completa
Con l’opera seconda dal titolo Luce, i registi Silvia Luzi e Luca Bellino tornano ai temi a loro cari (…) con un film che si muove efficacemente sulla linea sottile che separa il vero e il falso, ciò che si dice da ciò che si vede, che per modus operandi, approccio e sensibilità autoriale riesce ad emozionare e comunicare un’infinità di cose a uno spettatore che è chiamato a partecipare attivamente alla ricerca del significato. L’interpretazione intensa e comunicativa di Marianna Fontana, alle prese con un personaggio complesso e caratterialmente stratificato, rappresenta il valore aggiunto di un film toccante, la cui visione lascia un segno tangibile del suo passaggio nella mente, nella retina e nel cuore del fruitore.
Francesco Del Grosso, cinematographe.it – recensione completa
Nelle sale cinematografiche dal 23 gennaio, Luce si rivela un’ opera di una delicatezza e di una precisione preziose in un panorama cinematografico stracolmo di film lunghissimi che, solitamente, a un certo punto della narrazione perdono la strada per eccesso di cose da far vedere, da dire a uno spettatore che non chiede di essere “ostaggio” del film, ma parte attiva di esso, emotivamente e intellettualmente. Luce si snoda in 95 minuti asciutti, mai indulgenti, soffocati in una Irpinia congelata e ventosa, sospesa tra centri urbani mortificanti, una fabbrica di pellame, operai e operaie dimenticati da Dio e dai nostri intellettuali. Questo film parla di oggi, di come il tempo del lavoro si sia fermato a un livello di disuguaglianza, ingiustizia e ferocia che nulla a che fare col tempo rapido, distratto, approssimativo che stiamo attraversando.
Marta Rizzo, Articolo 21. Luce, un film che sa affrontare la contemporaneità tra ricerca di realtà e ricerca interiore – articolo completo
La giovane operaia è perciò la chiave di volta di una riflessione in “luce”, dove la chiarezza del discorso si fa psicanalitica nell’agganciare l’attualità dell’Edipo a quella degli strumenti del riuscire a malapena a comunicare, a dispetto delle tradizionali tipologie “fredde” e “calde” di Marshal McLuhan. In questa cornice fitta di richiami trasversali, il padre è la chiave di volta di un sistema ancora fisiologicamente patriarcale in cui la giovane donna, sfuggita a una prigione, per nostalgia si consegna ad un’altra, privilegiando e appena mistificando all’apparecchio vocale compagnie di necessità senili. Il bisogno ancora di sentirsi protetta, di invocare un dominio maschile/paterno di pieno riferimento la rende quasi un essere incapace di convivere con gli altri.
Anton Giulio Mancino, Cineforum – LUCE – recensione completa
Il film dice molto, in 95 minuti, su come oggi è vissuto il lavoro in molte zone del nostro Paese. Il cinema di Silvia Luzi e Luca Bellino è libero e ragiona sulla sottile linea di confine tra verità e finzione. Dopo “Il Cratere” (del 2017, presentato Mostra del Cinema a Venezia, questa loro opera seconda risulta molto potente.
Marta Rizzo, Repubblica – Lavoro, la dura storia delle fatiche in una conceria dell’Irpinia e il sogno di un affetto paterno – articolo completo
Ho trovato affascinante la dialettica tra l’intangibilità della realtà e la marcata fisiognomica dei personaggi presenti nel film. Da una parte abbiamo due personaggi fantasmatici come lo è la voce e in parte la protagonista, dall’altra la carnalità dei volti e dei corpi presenti all’interno del film. Sono due facce della stessa medaglia. Luca Bellino: Ma certo, totalmente. In realtà anche quello di Marianna Fontana è un corpo. Forse per lei sarebbe stato più facile esplodere di tanto in tanto, invece abbiamo lavorato di sottrazione in maniera da trasformare il corpo in materia. Il suo è sempre controllato da qualcuno, che siano gli altri operai o il padrone della fabbrica in cui lavora. Magari non li vedi ma ne senti l’energia. Silvia Luzi: Sì, è un film fatto sicuramente di volti e di assenze. L’intera drammaturgia del film è costruita sul fuoricampo e dunque su qualcosa che non c’è o comunque è intangibile. A volte lo si percepisce, te ne rimane addosso la sensazione. Può essere il capo reparto che ti osserva da lontano e di cui gli operai sentono lo sguardo. Oppure la voce di cui la protagonista attende la chiamata. D’altro canto ci sono invece cose tangibilissime come il rumore del ferro che si oppone all’intangibilità della voce.
Carlo Cerofolini, Taxi Diver – ‘Luce’ conversazione con Silvia Luzi e Luca Bellino – intervista completa
Lo sguardo documentario sulla realtà, tra i più lucidi, impassibili del panorama contemporaneo italiano, affinato da anni e anni di osservazione (e di «referti»), quando si tratti di cose refrattarie, ottuse (…) Tenero invece, sensibile, il loro sguardo, quando si posa sugli esseri, sulle loro tribolazioni, i loro vissuti, i pensieri più intimi, più trepidi, sepolti sotto la coltre dei tratti psicosomatici, delle tare familiari, di quelle sociali, com’era stato per Il cratere nel 2017, tra le cose più belle viste alla Mostra di Venezia quell’anno. (…) Fontana allora, con gesto attoriale straordinario (è forse la più stupefacente interpretazione del cinema italiano di quest’anno) si carica il film addosso; queste concrezioni ctonie, acuminate; i gelidi scorci dell’inverno; lo schietto squallore delle balere; gli scrosci, il vento, sul mare iemale; se li beve, se li mangia attraverso gli occhi, la bocca spalancati, inala tutta i germi, i miasmi figurali, apparenti, tutta questa esausta sintomatologia dell’assenza
Luigi Abiusi, Il Manifesto – «Luce», le ferite dell’essere figlia nella quotidianità del lavoro – articolo completo
Rivisto Luce risfoglio le pagine di “Addosso alle immagini” di Luc Dardenne, perché è lì la domanda da cui partire: “Dove mettere la mdp?”. Cosa far vedere? Cosa celare? “L’essenziale è forse nascondere”. Ci sono film che si svelano nel tempo della visione. Luce no. Luce è un film d’immagini mancanti che dobbiamo provare a immaginare e che, dopo, continuano a lavorarci dentro, a erodere persino.
Matteo Marelli, FILM TV – LUCE, recensione completa