All’ospedale pubblico Niguarda di Milano, il dottor Maurizio Bini ha una missione non convenzionale: trasformare vite attraverso la fertilità e l’affermazione di genere. In qualità di responsabile di due reparti altamente sensibili, supervisiona i sogni e le lotte di aspiranti genitori che si sottopongono alla fecondazione assistita, oltre che i viaggi molto intimi di persone che riconciliano il proprio corpo con la propria identità di genere. Così facendo, si posiziona al centro di alcuni dei dibattiti più complessi e polarizzanti del nostro tempo.

Operando in un ambiente politicamente carico, il dottor Bini deve affrontare i dilemmi etici e sociali inevitabilmente legati al suo lavoro e le pressioni sempre più forti provenienti da un mercato sanitario orientato alla mercificazione del corpo umano. Questi vincoli mettono in discussione non solo la sua filosofia professionale, ma anche i principi fondamentali della sanità pubblica come baluardo di equità e compassione.

Il film offre un ritratto intimo del dottor Bini mentre si avvicina al termine della sua carriera. La sedia del suo ambulatorio funge da finestra simbolica su storie di cura e trasformazione. Attraverso la sua pratica, riflette sullo scopo della medicina: non solo curare il corpo, ma affermare la dignità e il valore di ogni individuo.

Guidato dalla visione precisa ed evocativa del regista, il film trascende la semplice documentazione, evolvendosi in una profonda meditazione su ciò che la sanità pubblica dovrebbe aspirare ad essere. Diventa una lente attraverso la quale le persone vengono invitate a riflettere sul ruolo della empatia e del servizio in medicina, anche all’interno delle complessità di una nazione spesso considerata paradossale nel suo approccio al progresso sociale.

In definitiva, la storia del dottor Maurizio Bini serve a ricordare l’importanza di un sistema sanitario pubblico che privilegi l’umanità rispetto al profitto e la resilienza rispetto alla rassegnazione.

presentato in anteprima mondiale al
SUNDANCE FILM FESTIVAL

regia
gianluca matarrese

sceneggiatura
donatella della ratta, giaNluca matarrese

montaggio
giorgia villa

fotografia
gianluca matarrese

suono
GIANLUCA MATARRESE

musiche originalli
CANTAUTOMA

una coproduzione
Bellota Films
Stemal Entertainment
Elefant Films

prodotto da
Dominique barneaud
dONATELLA PALERMO
alexandre jordachescu

distribuzione italiana
BARZ AND HIPPO

consulenza per la distribuzione
MICHELE ZANLARI

ufficio stampa
PUNTOeVIRGOLA

2025 | FRANCIA, ITALIA, SVIZZERA | 104’ | COLORE

GENESI DI GEN_

GEN_ è nato da un’idea di Donatella Della Ratta sviluppata mentre lavorava a un libro che esamina la storia sociale e l’economia politica degli ormoni, sostanze fondamentali sia nelle pratiche di  fecondazione in vitro che nelle terapie per l’affermazione del genere. Su consiglio di Antonio Ragusa, ex primario di Ostetricia e Ginecologia del Fatebenefratelli di Roma e amico di lunga data di Maurizio Bini, direttore dell’unità di sterilità e crioconservazione del Niguarda di Milano, Donatella si è recata a Milano da quest’ultimo per proporgli un progetto di ricerca etnografica sulle interazioni tra pazienti e personale medico, destinato ad essere centrale nel suo prossimo libro.

Profondamente colpita dalla forza e umanità di Bini, Donatella ha invitato il suo amico e regista Gianluca Matarrese a unirsi all’osservazione delle sedute con i pazienti. Conoscendo l’approccio sensibile di Gianluca al cinema e il suo lavoro su temi che si intersecano con quelli presenti nella pratica di Bini, ha ritenuto naturale la collaborazione.

Il processo di filmmaking ha perciò fuso le loro prospettive e le rispettive competenze. Mentre gran parte del tempo è stato dedicato a documentare la routine ospedaliera e a confrontarsi con il personale e i pazienti, il fulcro del film è emerso organicamente: gli scambi intimi e trasformativi tra il dottor Bini e i suoi pazienti.

Ben oltre la semplice documentazione, GEN_ è una riflessione su ciò che l’assistenza sanitaria pubblica dovrebbe sforzarsi di essere, un faro di compassione e servizio.

Insieme, Donatella e Gianluca hanno catturato uno spazio unico, forse addirittura un piccolo miracolo, dove empatia e umanità fioriscono, offrendo speranza e ispirazione di fronte alle sfide del sistema.

INTERVISTA A GIANLUCA MATARRESE

Cosa ti ha portato ad essere anche direttore della fotografia nel tuo film?

In questo film sono sia il regista che il direttore della fotografia. Di solito rimango dietro la macchina da presa per progetti molto intimi, e per questo era essenziale. Non era possibile avere una troupe, dovevamo essere il più discreti possibile e rispettare lo spazio sicuro dei pazienti. Era fondamentale non interferire nel colloquio tra il medico e il paziente. Se da un lato il paziente era consapevole della nostra presenza, dall’altro doveva sentirsi abbastanza a suo agio da condividere le proprie esperienze e vulnerabilità. Per questi motivi, mi sono occupato personalmente della fotografia e del suono.
A un certo punto, quando ho scoperto il modo ideale per filmare all’interno della stanza, ho capito che il mio posto era dietro una libreria. In seguito ho aggiunto una seconda telecamera per catturare ulteriori angolazioni durante questi scambi intimi. Fuori dallo studio medico, invece, ho avuto più libertà creativa e ho chiesto l’aiuto di altri due operatori. Questo ci ha permesso di migliorare visivamente le sequenze verbali, conferendo loro una dimensione grafica e cinematografica.
La narrazione era naturalmente incentrata sul corpo umano, quindi dovevo trovare il modo di filmare l’organico, il fulcro di tutti questi scambi e i sogni delle persone coinvolte. Mi sono anche concentrato sulla cattura degli spazi dell’ospedale, come le sale operatorie e i laboratori, che evocavano un universo microscopico che sfociava nella vastità del cosmo. Poi c’era il mondo naturale, il contrasto e il dialogo tra scienza e natura, un tema centrale nel film e nelle esperienze dei pazienti.
Il medico stesso incarnava questo legame con la natura, ritirandosi nei boschi per raccogliere funghi. Abbiamo trascorso del tempo nel suo santuario di montagna e in questi momenti ho collaborato con un altro operatore per celebrare ed elevare la bellezza dei paesaggi. Queste immagini risuonano profondamente con l’esplorazione del film sui desideri umani e sulla nostra connessione con il mondo naturale e scientifico.

Quali erano i tuoi obiettivi artistici per questo film e come li hai realizzati? In che modo volevi che la fotografia valorizzasse la narrazione del film e il trattamento dei suoi personaggi?

Il mio obiettivo era quello di avvicinarmi ai personaggi e alle persone di questo film con attenzione e rispetto. Non volevo limitarmi a osservare o adottare una prospettiva voyeuristica. Volevo che la mia macchina da presa, il mio occhio, il mio sguardo rimanessero rispettosi e allineati al livello delle conversazioni e degli scambi. L’intenzione era quella di rimanere presente e immerso in questi momenti senza intromettermi o attirare l’attenzione sulla presenza della camera. Ho evitato l’inquadratura frontale per garantire che lo sguardo della camera non fosse mai percepito come impositivo o invadente. Al contrario, ho voluto che la macchina da presa “accarezzasse” i personaggi, accompagnandoli delicatamente.
L’unico caso in cui una persona è rivolta direttamente verso la telecamera è quello dell’ultimo paziente, che dà il benvenuto al nuovo medico, il futuro. Questo sguardo frontale è un invito, un modo per dire: “Ti diamo il benvenuto e anche noi, come pazienti, siamo qui per te”. Il film è anche un tentativo di democratizzare la rappresentazione dei pazienti, soprattutto quando si affrontano temi come l’identità trans. Queste narrazioni sono spesso presentate in modi che sensazionalizzano il dolore o evidenziano la sofferenza. Ho voluto evitarlo, trattando invece questi temi con lo stesso peso, la stessa dignità e la stessa umanità di tutti gli altri, e umanizzando anche il medico, mettendolo sullo stesso piano umano dei pazienti.
Per mantenere questa distanza rispettosa, abbiamo utilizzato principalmente obiettivi a lunga focale per le scene all’interno dello studio medico. Per gli elementi più grafici o visivamente espressivi, come le pareti dipinte, le ambientazioni naturali e la foresta, abbiamo utilizzato una gamma più ampia di obiettivi, comprese le focali più corte, per far emergere la profondità visiva ed emotiva di questi spazi.

Ci sono state delle influenze specifiche sulla tua cinematografia, che si tratti di altri film, di arte visiva, di fotografia o altro?

Sì, la mia cinematografia è stata modellata da una varietà di influenze, soprattutto nel modo in cui mi sono avvicinato a catturare le interazioni umane e gli spazi che abitano. Il lavoro di Frederick Wiseman è stato una grande ispirazione, in particolare film come Welfare and Hospital. La sua capacità di rappresentare le istituzioni e gli spazi pubblici con un equilibrio di distanza osservazionale e profonda umanità è stata una fonte di ispirazione. Lo sguardo di Wiseman evita il giudizio e si concentra invece sui ritmi della vita all’interno di questi ambienti, qualcosa che ho cercato di emulare filmando gli scambi tra medico e paziente.

da filmmakermagazine.com

LE MUSICHE ORIGINALI

La colonna sonora del film è stata composta da CANTAUTOMA, che si descrive come una “One Band Man”. Cantautoma scrive, arrangia, suona, registra e produce la sua musica interamente da solo, utilizzando gli strumenti che la tecnologia gli mette a disposizione: una drum machine, un registratore multitraccia, un vecchio organo giocattolo o un computer. 

Cantautoma è un artista solista ma in realtà profondamente collaborativo. Gli esecutori virtuali creano suoni reali. Anche il nome “Cantautoma” riflette il dualismo alla base della sua musica e della sua estetica: la fusione di un elemento umano, forse la voce umana per eccellenza, e uno tecnologico, robotico o automatizzato, come un computer o un’intelligenza artificiale creata “ad arte”.

Cantautoma non è solo un compositore di colonne sonore e un musicista, ma anche un progetto musicale poliedrico. La sua collaborazione con Gianluca Matarrese è iniziata con il secondo film di Gianluca, La dernière séance, presentato in anteprima alla Settimana della Critica a Venezia e vincitore del Queer Lion. Da allora, i due hanno lavorato insieme a più di dieci progetti, che comprendono quasi tutta la filmografia di Gianluca.

L’approccio di Cantautoma alla composizione di musica per film è profondamente integrato nel processo cinematografico, evolvendosi insieme ad esso attraverso tutte le fasi, scrittura, riprese e montaggio. Il suo lavoro favorisce un dialogo continuo con il regista, assicurando che la musica diventi un elemento narrativo intrinseco del film piuttosto che un semplice accessorio.

Per GEN_, Cantautoma ha trovato ispirazione nell’Exotica, genere che ricorda i film comici italiani degli anni Settanta e Ottanta. Questa scelta riflette l’atmosfera vibrante e caotica dell’ospedale, dove il medico e il suo team affrontano le sfide quotidiane e superano ogni tipo di ostacolo rocambolesco. Inoltre, Cantautoma e Gianluca hanno esplorato il tema del naturale versus l’artificiale, centrale nel film. Questo concetto si è tradotto nella musica attraverso l’interazione di strumenti sintetici, come il theremin e il pianoforte elettrico, con quelli tradizionali, tra cui il flauto traverso, la chitarra e la batteria.

Negli ultimi dieci anni, Cantautoma ha composto colonne sonore per più di 20 film, spot pubblicitari e spettacoli artistici. Le sue performance dal vivo combinano video e musica, spesso accompagnando le uscite cinematografiche con spettacoli dal vivo. Attualmente sta ultimando un nuovo EP per il suo progetto musicale personale.

GIANLUCA MATARRESE


Gianluca Matarrese è un regista italiano con base a Parigi che, negli ultimi cinque anni, ha diretto nove film presentati in festival internazionali come la Mostra del Cinema di Venezia, IDFA, Thessaloniki, CPH:DOX, Hot Docs, DMZ, Torino Film Festival, Visions du Réel, Biografilm, Festival dei Popoli, Cinéma du Réel e molti altri.

Esplora una varietà di temi, tra cui la manipolazione del corpo, l’affermazione di genere, il declino economico, tracce di traumi irrisolti, il teatro, i confini tra realtà e finzione. Ha ricevuto premi come Miglior Documentario Italiano al Torino Film Festival e il Queer Lion a Venezia. È regolarmente sostenuto da broadcaster come France Télévisions e Arté.

Tra i suoi titoli principali figurano Fuori Tutto, La Dernière Séance, Fashion Babylon, Il Posto, Les Beaux Parleurs, Pinned into a Dress e L’Expérience Zola.

DONATELLA DELLA RATTA


Donatella Della Ratta è una studiosa, performer e curatrice specializzata in media, tecnologia, e culture arabe. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’università di Copenhagen ed è affiliata al Berkman Klein Center for Internet and Society dell’Università di Harvard. Ha gestito la comunità di lingua araba per l’organizzazione internazionale Creative Commons dal 2007 al 2013. È cofondatrice e membro del consiglio di amministrazione del sito web SyriaUntold, vincitore del premio Digital Communities ad Ars Electronica 2014. Ha curato diversi programmi culturali sul mondo arabo con partner internazionali,  fra cui Syria Off Frame, in collaborazione con la fondazione Luciano Benetton (Venezia, 2015) e Syrian New Waves, con il museo del cinema Eyefilmuseum (Amsterdam, 2017). La sua ricerca su Intelligenza Artificiale e nuove forme di violenza è assegnataria per l’anno 2024-25 del  premio  Italian Council del Ministero della Cultura per la promozione del talento e della creatività italiana. Attualmente è professoressa associata di Comunicazione presso la John Cabot University di Roma.

MAURIZIO BINI


ll Dottor Maurizio Bini nei suoi 40 anni di servizio nel sistema sanitario pubblico lombardo, tutti  svolti in quello che per i milanesi è semplicemente l’Ospedale di Niguarda, ha fatto nascere più di 6000 cittadini. “Fatto nascere” è per lui un termine esteso: è stato a fianco delle madri, non solo in sala parto come ostetrico (ha diretto anche il servizio di ginecologia e ostetricia), ma anche come direttore del servizio di riproduzione assistita, superando le difficoltà riproduttive di moltissime coppie. Esiste anche una terza dimensione di nascita che è quella in età adulta, perché come direttore dell’unico servizio pubblico cittadino (e Regionale) per l’adeguamento di genere ha consentito la possibilità di rinascere nella nuova vita da sempre desiderata a molte persone, che spesso considerano la data della conversione di genere come la data della loro vera venuta al mondo.

Il servizio, nel rispetto di tutte le indicazioni legislative di settore, offre valutazioni e supporti psicologici approfonditi, assistenza medica in tutte le specialità interessate e assistenza legale. In questo periodo di bassa natalità il Dottor Bini coordina un altro settore strategico  per la città e la Regione: dirige l’unica banca dei gameti. Questa banca, la più grande d’Italia, serve tutti i centri di riproduzione regionali ed è l’unica autorizzata a reclutare donatori e donatrici di gameti per la risoluzione dei casi di sterilità assoluta.

Tutte queste attività sono affrontate con un approccio olistico che deriva da un esteso e articolato percorso di studi: Bini infatti è laureato sia in Medicina e Chirurgia sia in Filosofia e Storia. Il versante scientifico è stato arricchito da una  specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, un master triennale in Andrologia e un diploma triennale in Sessuologia. Il versante umanistico  comprende anche un diploma triennale in  Lingua e letteratura cinese che lo ha reso riferimento per le comunità asiatiche. Ha tenuto numerose conferenze in diversi paesi tra cui soprattutto la Cina dove, grazie alla sua conoscenza della cultura locale, è stato invitato da più di venti istituti ospedalieri e universitari. Ha pubblicato molteplici articoli su riviste scientifiche nazionali e internazionali e ha contribuito con i suoi scritti a numerosi libri di settore, inclusi testi per corsi universitari.

È infine anche membro appassionato della Società Micologica Milanese e cinefilo incallito, ma questa è tutta un’altra storia.

PICCOLO GLOSSARIO GEN_

Agender
Persona che dichiara di avere un’identità di genere non binaria o di non avere un’identità di genere o di avere un’identità di genere neutra.

Carpoforo
È il corpo fruttifero del fungo, vale a dire quello che noi nel linguaggio corrente chiamiamo fungo; si dice dell’insieme di gambo, cappello, tubuli o lamelle o idni, comunque sia conformato l’imenoforo. È il frutto del fungo vero e proprio, che reca in sé l’apparato riproduttore.

Cisgender
Persona che si sente a proprio agio nel genere sessuale attribuito alla nascita.

Embrione
In biologia animale e vegetale, organismo in via di sviluppo, derivato dall’uovo fecondato.

Fungo
Organismo vegetale eterotrofo, di aspetto assai vario, ora grande (come i f. mangerecci), ora piccolo (come le muffe), ora addirittura microscopico; il suo corpo vegetativo (micelio) è un tallo uni- o pluricellulare, formato da elementi filiformi (ife) fittamente intrecciati; si differenzia dagli altri organismi vegetali per la mancanza di sistemi fotosintetici.

Genderfluid
Persona la cui identità di genere oscilla lungo lo spettro di genere variando nel tempo.

Identità di genere
Il senso di appartenenza di una persona a un genere (maschile, femminile, non binario), con cui detta persona si identifica.

Identità non binarie
Identità di genere che si collocano al di fuori del binarismo di genere, ovvero non strettamente e completamente maschili o femminili. Le persone non binarie possono identificarsi come appartenenti a più di un genere (bigenere), a nessun genere (agenere) o oscillanti tra generi (genderfluid).

Intersessuale
Fenomeno che si manifesta con la coesistenza alla nascita in uno stesso individuo (intersessuale) di cromosomi sessuali, genitali e/o caratteri sessuali secondari non definibili come esclusivamente maschili o femminili.

LGBTQIA+
L’acronimo LGBTQIA+ designa tutte le persone che per orientamento sessuale, identità e/o espressione di genere, e percorsi di affermazione di genere, non aderiscono agli standard del binarismo cisessuale e dell’eterosessualità. Esso conferisce quindi coesione ai movimenti delle minoranze sessuali, veicolando l’idea che costituiscano un unico gruppo sociale. Ma evidenzia anche la molteplicità delle soggettività che tiene assieme, per evitare che alcune ottengano un eccesso di visibilità e occultino le altre.

Micelio
In botanica, il corpo del fungo, cioè il suo apparato vegetativo, formato da un insieme di filamenti (ife) uni- o pluricellulari, sprovvisti di cloroplasti.

Ovocita
In embriologia animale e vegetale, cellula germinale femminile derivante per accrescimento da un ovogonio e da cui si origineranno, in seguito a processo meiotico, i corpuscoli polari e l’uovo maturo.

Procreazione medicalmente assistita (PMA)
Qualsiasi procedura messa in atto per facilitare l’incontro dello spermatozoo con l’ovulo, con esito fecondo. La PMA eterologa si distingue dall’omologa per il ricorso a gameti e ovociti provenienti da donatori o donatrici esterni.

Queer
Termine ombrello utilizzato per indicare persone che non sono eterosessuali o cisessuali. Nella lingua inglese, significava tradizionalmente “eccentrico” e “insolito”.

Schwa
Trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā’. Indica una vocale dal suono indefinito utilizzato nell’alfabeto fonetico internazionale, a sostituzione del maschile sovraesteso.

Spermatozoo
In biologia, la cellula sessuale maschile matura (detta anche spermio) con cui tutte le specie provvedono, eccettuati i casi di partenogenesi, alla riproduzione sessuale mediante il processo di fecondazione dell’uovo.

Spora
In ambito micologico, organo di propagazione dei funghi, prodotto da un fenomeno sessuale e dalla quale prenderà origine un nuovo micelio.

Transgender
Persona la cui identità di genere non è corrispondente al sesso attribuito alla nascita e che non si riconosce nei modelli di identità, ruoli ed espressioni di genere dettati dalle convenzioni sociali.

Transessuale
Persona la cui identità di genere non è corrispondente al sesso attribuito alla nascita e che si sottopone a un percorso di transizione di genere.

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